Il gioiello di don Stefano a Villanova del Sillaro (LO)

- Il gioiello di don Stefano a Villanova del Sillaro (LO)

6 ottobre 2013 : una domenica tristemente nuvolosa , che sembra dirci “Ecco l’autunno, godetevelo!”

E i soci del C.L.A.S. sono ben decisi,nonostante il tempo,a godersi davvero l’ultimo raduno dell’anno e,dopo le parentesi di carattere ambientale e sportivo,tornano a rivolgere la loro attenzione alla nostra storia e alla nostra arte.

26 auto si avviano lungo l’autostrada del Sole :non si farà tanta strada perché la nostra meta è situata nel Lodigiano ,ed è una meta poco nota ma sicuramente significativa e interessante,un luogo dove arte e storia sono strettamente collegate.

Siamo in pieno Medioevo e Villanova del Sillaro , col suo territorio, è proprietà della Curia di Milano che ne delega l’amministrazione alla nobile famiglia guelfa dei Sommariva.

E’ proprio Nicolò Sommariva ,prode condottiero e insigne magistrato ,che il 28 giugno 1401 lasciò erede dei possedimenti di Villanova il fratello,Cardinale Angelo, a condizione che questi facesse costruire un monastero in grado di ospitare almeno dieci monaci , con relativa chiesa.

I lavori iniziarono nel 1424 e,nel 1427 il Cardinale Angelo Sommariva trasferì il lascito alla Congregazione Benedettina di Monte Oliveto,più nota come “Olivetani”,che la fecero prosperare e la ressero fino al decreto napoleonico del 21 giugno 1798,che abolì i possedimenti ecclesiastici.

Arriviamo al complesso alle 10,30 e siamo accolti da don Stefano che ci saluta con entusiasmo ,ci presenta alle persone che hanno assistito alla santa Messa,ammira le auto esposte sul piazzale e subito scappa per celebrare la Messa in un’altra chiesa posta in una frazione di Villanova ,non prima, però,di farsi fotografare e filmare assieme al Presidente e ai membri del Direttivo.

La nostra guida è l’organista , che dell’Abbazia conosce tutta la storia e che è ben felice di accompagnarci alla scoperta di questo gioiellino della nostra cultura.

Apprendiamo così che la chiesa , realizzata interamente con l’uso del mattone,fu progettata dagli architetti locali Ambrogio e Giovanni Fugazza , mentre il monastero si valse dell’opera dei nipoti di Ambrogio:Francesco e Ambrogio junior.

Il monastero era una comunità completamente autosufficiente , dotata di tre chiostri,dormitorio,refettorio,sala capitolare e farmacia ;il sostentamento era assicurato da un mulino,un forno,un torchio e un locale destinato alla pila del riso:l’estensione e la fertilità del territorio consentirono al monastero di prosperare , anche perché ,a differenza di molte altre strutture similari,non venne mai dato in commenda a famiglie laiche che,in molti casi,disperdevano i beni dei religiosi per il loro tornaconto.

LA CHIESA

Entriamo nella chiesa e notiamo subito che mentre la facciata gotica ,con il rosone e le tre guglie non è stata cambiata ,l’interno presenta molte modifiche dovute al mutare dei gusti estetici e alle norme iconografiche e funzionali emesse dai vari Concili Ecumenici che hanno caratterizzato la nostra storia.

La navata è unica,con tre campate a costoloni una delle quali,corrispondente al Presbiterio ,è un po’ più corta ;nei fianchi sono state aggiunte,nel ‘600,due cappelle con altare ,mentre sulla parete di fondo è stato ingrandito l’Abside.

La nostra guida ci spiega che il campanile era in origine provvisto di una guglia alta otto metri ,che fu abbattuta dal fulmine il 4 maggio 1632 e sostituita da un tetto a falde.

Colpiscono per bellezza e complessità gli altari realizzati sempre nel ‘600 da artisti discendenti da quella famiglia Sacchi a cui si devono,fra gli altri,gli altari della Certosa di Pavia :in genere la decorazione marmorea degli altari si basa su un materiale detto “SCAGLIOLA”,che in sostanza è polvere di marmo modellata e incollata al corpo dell’altare stesso,con un procedimento relativamente semplice e ben diverso da quello che vediamo,costituito da un intarsio di pezzi di marmo di vari colori e dimensioni,modellati uno per uno in modo magistrale,tale da non mostrare alcuna fessura.

Le decorazioni pittoriche e a stucco della volta e delle pareti sono più tarde e risalgono al terzo decennio del ‘700 e sono dovute all’artista lodigiano Battista Sassi:esse rientrano in un piano di restauro, previsto dai monaci ,che doveva comprendere anche il monastero,ma che fu interrotto per una decadenza economica del territorio che coinvolse anche i religiosi

IL CORO

L’opera più significativa contenuta nell’edificio è il coro,intagliato dal milanese Carlo Garavaglia con un lavoro durato 11 anni ,dal 1634 al 1645.

La bottega dei Garavaglia era famosa in tutto il nord italia e contava decine di operai e di scultori,molti dei quali provenienti dall’Alto Adige:la loro perizia era tale da rivaleggiare con gli artisti del bronzo e del marmo,dei quali eguagliavano l’estro creativo.

Nei pannelli che decorano gli stalli le figure in altorilievo,che narrano la vita di Santa Francesca Romana,mostrano una vivacità tipicamente barocca,mentre le ambientazioni sono caratterizzate da giochi prospettici che ricordano il Manierismo del secondo ‘500. Gli stalli sono divisi da lesene e da rocchi di colonne lavorati a scanalature e a tortiglione su cui poggiano figure nude di bambini che reggono capitelli Corinzi su cui appoggiano l’architrave e la cimasa.

LA MADONNA BIANCA

Oggetto di venerazione da parte dei Villanovesi è la statua detta “La Madonna Bianca”,collocata in una cappella che si apre sul lato sinistro del Presbiterio, originariamente concepita come sacrestia.

La statua è inconfondibilmente in stile barocco,come dimostra la torsione impressa al corpo e il movimento dell’abito,caratterizzato da profonde pieghe che sembrano mosse da una ventata;pare che fino al 1836 la statua giacesse abbandonata in una legnaia e che solo allora il nuovo parroco,don Giorgio Gelmini la fece restaurare e la collocò in sacrestia.

Nel 1896 la sacrestia fu sommariamente trasformata in cappella e arredata in modo dimesso,solo nel 1923 l’altare in mattoni intonacati fu sostituito da uno di marmo,mentre la decorazione pittorica fu voluta e finanziata nel 1948 dai Villanovesi,in segno di riconoscenza alla Madonna per aver preservato il paese dai pericoli della guerra.

Da quell’anno,l’ultima domenica di maggio,si celebra la festa della Madonna Bianca,ma in processione non vengono portate le otto tonnellate della statua originale ma una copia di legno di cirmolo,opera degli artigiani di Ortisei,in val Gardena.

Quando usciamo dall’edificio piove,ma poco ce ne importa:siamo contenti di aver scoperto e ammirato un altro tassello di quell’infinito e meraviglioso mosaico che è il nostro patrimonio artistico,che il nostro club non solo va a cercare ma lo diffonde attraverso il sito su cui queste note ,corredate da immagini,compariranno quanto prima

Antonello Zecca